Carlo Piola Caselli
L'Unificazione Europea. Dalla leggenda alla realtà


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     Le notizie erano diffuse dagli organi di regime, quelle più riservate giungevano tramite il parroco e da una radio sintonizzata su Londra. Inoltre il Manifesto nasceva quando in Italia non era ancora scattata la fase armata della Resistenza.
     Il Manifesto veniva rivisto ed emendato fino al 1942, quindi messo in circolazione prima tra i confinati e poi in Italia: Spinelli lasciava Ventotene in seguito all’armistizio del 25 luglio 1943 ed il Manifesto veniva pubblicato da Eugenio Colorni e Leone Ginzburg, con l’aiuto del deputato repubblicano Giovanni Conti che aveva fornito il nome della tipografia clandestina. Esso è muto riguardo al federalismo cristiano, ma si rifà al pensiero di Proudhon, Cattaneo, Ferrari e Mazzini; Spinelli aveva presenti le opere di Lionel Robins, Beveridge, Hayek e Brutzkus, di Clarence K. Streit e di Norman Bentwich oltre ai classici del Federalist americano. Le critiche da parte dei confinati stessi sono state molte, preoccupati da problemi più contingenti. Tuttavia qualche seme è prosperato, a Roma intorno a Guglielmo Usellini, a Milano intorno ad Alberto Rollier. Delle riunioni erano informati Ugo la Malfa, Ferruccio Parri, Vittorio Foa ed Oronzo Reale. Apprezzamenti giungevano da Luigi Einaudi, Carlo Sforza, Gaetano Salvemini, Arturo Toscanini. Faceva da tramite Ursula Hirschmann (moglie prima di Colorni e alla morte di questi nel 1944 consorte di Spinelli), la quale prima del 25 luglio con Guglielmo Usellini era riuscita a stampare a Roma due numeri di “Unità Europea”.