Carlo Piola Caselli
L'Unificazione Europea. Dalla leggenda alla realtà


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     René Chateaubriand (1768-1848) ha scritto una Lettera ai redattori della Revue Européenne.
     Philippe Joseph Buchez nel suo giornale “Européen” (1831-32 e 1835-38) conciliava, a differenza di Saint-Simon, socialismo e cattolicesimo.
     

La Giovine Europa

     Auguste Comte (1798-1857), discepolo di Sain-Simon, come i seguaci di questi (d’Eichthal, Pierre Leroux, Feugueray, Considérant, Pacquer, Littré ed altri, autori di trattati sull’unità europea) era un difensore ad oltranza dell’eurocentrismo, del ruolo privilegiato che l’Europa dovrebbe avere dopo essersi unificata, auspicando una Repubblica Occidentale, formata da cinque popolazioni (francese, italiana, tedesca, britannica e spagnola), sempre solidali da Carlo Magno in poi.
     Heinrich Heine, principale rappresentante dal 1830 al 1848 del gruppo letterario la “Giovane Germania” (da non confondere con la “Giovine Germania” e la “Giovine Europa” di Mazzini), sposava l’idea di Herder di un’Europa delle nazionalità, che considerava alla maniera di Fichte come una tappa indispensabile dell’evoluzione storica; poetico era il suo poema “Germania” in cui la vergine Europa ed il bel genio della libertà stavano per scambiarsi il primo bacio. L’idea di nazione di Heine era nel senso mazziniano di un’ internazionale dei nazionalisti, per preservare le libertà locali e le diversità, contro i terribili livellamenti dell’Europa, degli unitari alla Richelieu o alla Robespierre, alla Rothschild nelle finanze; si rivelava profetico: il secondo atto sarà certamente la rivoluzione europea, mondiale anche, il duello implacabile tra proletari ed aristocrazia della proprietà, non sarà allora questione né di nazionalità né di religione, non vi sarà che una sola patria, la terra, ed il sec. XX ne saprà qualcosa in merito!