Bacheca d'Europa


Dall'unità d'Italia all'unità europea

     Lavorando su documenti del '700 si può constatare come fosse vivo il concetto di Italia, per il legame linguistico e culturale che la caratterizzava. Poi l'epoca napoleonica, il risorgimento che finalmente ha consentito di unire la penisola dalle Alpi a Lampedusa. Ma nella seconda guerra mondiale Italia e Grecia hanno corso il rischio l'una di rimanere e l'altra di esser divise in due, come è successo in Vietnam ed in Corea. Vi è stato anche un momento in cui la Sicilia stava per diventare la cinquantesima stella della bandiera degli USA. Infine, per meglio superare il travaglio di due guerre, la testa di ponte del MEC che, attraverso la CEE, è sfociato nell'U.E., non punto di arrivo ma di partenza verso le grandi sfide del terzo millennio: passi importantissimi della nostra storia la CECA ed ora l'euro, nato robusto ma divenuto bisognoso di cure nelle sue membra. Moneta nata dalla fusione di altre valute, quando l'ECU ne faceva sotto traccia le veci: è stato infatti la risultante di un processo di cambi reciproci stabili: già ne avevamo avuto in Europa un precedente nell'Unione Monetaria Latina, dal 1870 al 1914, naufragata solo a causa della prima guerra mondiale. L'ECU era un 'paniere' di monete, il valore delle quali oscillava quotidianamente, anche se in maniera pilotata, all'interno tra di loro ed all'esterno. L'Euro è invece una vera e propria valuta, con tutte le caratteristiche, con tutti i crismi, ed oscilla solo rispetto alle altre esterne alla sua area. Il vantaggio di una moneta unica sulla scena mondiale è notevole sotto tutti gli aspetti. Luoghi comuni, leggende metropolitane, demagogia pericolosa che i dissesti finanziari siano colpa dell'euro: essendo esso né più né meno che uno strumento, può esser perfezionato, ma non gli si possono attribuire delle colpe se usato male, essendo ottimo se gestito in maniera appropriata. La debolezza italiana era nota da un quarto di secolo, la mancanza di crescita era latente da dieci anni e, se non si è provveduto, non è certo colpa dell'euro. Ad un'elevata tassazione corrispondono dei servizi sociali qualitativamente bassi, per mancanza di trasparenza. Se l'Europa siamo noi, anche l'euro siamo noi, dipendono da noi gli acquisti in base alla qualità-prezzo, non possiamo singolarmente determinarne la corrente, ma possiamo influenzarne l'andamento. Le grandi sfide epocali sono il rafforzamento della BCE, del Parlamento Europeo, della Commissione, del Comitato dei Ministri, una carta costituzionale veramente rappresentativa dei popoli europei, non dettata dall'alto. Ma solo con atteggiamento compatto ed aggregante si possono affrontare le molteplici sfide che sono interne, di coesione, di programma, ed esterne, per i colossi emergenti quali Cina, India, Brasile, ricchi di materie prime e di manodopera a buon mercato. Altra sfida è quella di fronteggiare il colpo di coda della grande crisi statunitense, fortuna per l'Europa essersi, almeno in parte, sganciata in tempo, grazie all'euro, dal dollaro, cui prima era strettamente legata e dipendente. Euro oggi soggetto a spinte centripete e centrifughe, con grande pericolo per gli importanti stati che si affacciano sul Mediterraneo, dai quali dipende metter in atto le sinergie per rafforzare questa grande opportunità che è l'Europa, anziché sgretolarla. Se è difficile per l'euro non far divorare l'Europa continentale dalla finanza internazionale, ancor più difficile, se non impossibile, sarebbe per le valute nazionali rapporto ai rispettivi stati, qualora si ritornasse ad esse. Anche il dollaro segue il suo corso, ha avuto, ha ed avrà le sue crisi, ma nessuno si sogna uno smembramento, attuando, neppure a parole, delle forze centrifughe. Inutile nascondere che ci sia anche il rovescio della 'medaglia', ossia un sistema perverso che va rettificato drasticamente, altrimenti saranno grossi guai, ma possiamo farlo solo con unità d'intenti, discutendo e negoziando magari le ricette di risanamento, non disattendendole. Tornando per ipotesi alla valute originarie, lira, dracma, pesetas, non ci si libererebbe comunque dall'euro poiché, per sopravvivere, potremmo adottare il metodo 'Parmentier', ma i pagamenti internazionali, specialmente per l'energia e le materie prime, andrebbero comunque fatti o in dollari od in euro, non certo in valute arciscreditate di stati che hanno taroccato i conti o gestito malissimo le loro finanze. L'esempio dell'Islanda non è pertinente, poiché non faceva parte dell'euro. Comunque, un conto è la dialettica, altro conto la demagogia. Oggigiorno, agli incubi onirici di vacche magre e grasse, si aggiungono quelle pazze, mentre la scacchiera internazionale non è più bidimensionale ma tridimensionale e le variabili in gioco sono quindi molte di più. Tuttavia, esser in un'eurozona di 480 milioni di persone è una grandissima opportunità da non sprecare.

                     Roma, 31 maggio 2012                          Carlo PIOLA CASELLI